giovedì 3 maggio 2018

To Do: Partnership al progetto

Interviste preliminari a soggetti interessati al volontariato e specializzati nell'educazione dei minori.

Nella ricerca dei partner sostenitori del mio progetto, mi sono rivolta a persone che, fortunatamente, conosco e che si occupano di attività affini al mio programma.

L'associazione a cui ho chiesto un'intervista è "Evolution social Group- Società cooperativa sociale" di cui Selene Gemelli ne è presidente. A breve mi concederà l'intervista.

Nel mentre, ho contattato persone amiche.


Intervista a Silvia Masci
- Presentati
- Sono Silvia Masci, psicologa specializzata nei TSA (disturbi specifici dell’apprendimento).

- Qual è stato il tuo percorso professionale?
Mi sono laureata nel 2015 in “Neuroscienze cognitive e riabilitazione psicologica” a Roma- La Sapienza. Successivamente ho conseguito un master sui “disturbi dell’ apprendimento e dello sviluppo cognitivo”. Attualmente frequento la scuola di specializzazione in psicoterapia cognitiva. Inoltre sono insegnante di teatro nelle scuole.

- Nel pratico, di cosa ti occupi attualmente?
Lavoro con bambini con disturbo specifico dell’apprendimento, sia in valutazione che in riabilitazione. Inoltre lavoro in una comunità che accoglie minori.

- Quindi, nel tuo lavoro, sei spesso in contatto con bambini. Qual è la fascia di età con cui hai principalmente contatto?
Dal primo anno di età fino ai dieci anni.

- Tra i bambini di cui ti occupi, sono presenti anche stranieri?
Sì, ho avuto a che fare con bambini peruviani, cinesi, croati, rumeni e albanesi.

- Come si relazionavano i bambini italiani con i bambini stranieri? Hai notato atteggiamenti particolarmente rilevanti?
Ciò che ho potuto notare principalmente è che succede che i bambini stranieri tendono ad auto esporsi in modo tale da prevenire eventuali discriminazioni o emarginazioni. Ad esempio, esprimevano la loro diversità di cultura, pelle e nazionalità ad alta voce. Ma c’è da specificare che si tratta di bambini perfettamente integrati.

- E le famiglie?
- Atteggiamento molto positivi, i genitori si integrano bene. Soltanto in alcuni casi è stato possibile parlare con uno dei due a causa della differenza di lingua, ma nessun atteggiamento eclatante.

- Quali sono le attività che preferiscono i bambini e a cui partecipano tutti insieme con piacere?
- Noi ci occupiamo principalmente in attività teatrali. E’ un buon modo per tirar fuori la loro creatività e, in questo modo, ognuno riesce ad esprimersi anche in relazione alle proprie abitudini (anche culturali differenti) e a fonderle con le altre.

-A livello architettonico, come ritieni la disposizione degli ambienti e cosa è preferibile che ci fosse?
-Innanzitutto sarebbe opportuno che gli ambienti siano organizzati su un solo piano. Poi, sarebbe bello predisporre una mensa molto grande ed accogliente, all’ interno della quale siano organizzati dei pranzi multietnici. Ad esempio: una volta a settimana, preparare dei piatti tipici di una cultura presente tra i bambini stranieri. Sarebbe una buona attività conoscitiva e integrativa. Un’altra idea sarebbe organizzare uno spazio con un piano rialzato, simile ad un palco, in modo tale da creare dei role-playing in cui i bambini si mettono nei panni degli altri e, oltre a conoscersi meglio, possano sperimentare le eventuali discriminazioni ed evitare che si creino. In particolare, le sedie devono essere mobili, così lo stesso identico spazio può essere disposto per creare momenti di condivisione e comunicazione, oltre che momenti didattici. Un ultimo consiglio sarebbe quello di adibire uno spazio basato su un’educazione musicale e sull’utilizzo di vari strumenti, magari inseriti sulla parete.

- Quindi, se creassi un centro di accoglienza con questi accorgimenti, o simili, ti piacerebbe lavorarci? O, ci porteresti i tuoi figli?
- Sì, sarebbe interessante e mi piacerebbe.

- Ti ringrazio.

[Allego schemi che Silvia, nel spiegare le sue idee, ha realizzato]




Intervista a Eleonora Desiderio e Eugenia Masella

- Presentati. 
- (E.D.) Sono Eleonora Desiderio, ho 24 anni e ho svolto attività di volontariato.
- (E.M.) Sono Eugenia Masella, ho 23 anni e sono volontaria da due anni.


- Qual è stato il tuo percorso professionale? 
- (E.D.) A livello lavorativo mi occupo di altro, in particolare di Risorse Umane in una grande azienda. Per quanto riguarda il tema in esame, essendo quella svolta un'attività di semplice volontariato, non mi è stato richiesto nessun corso di formazione. Il tutto è nato da una partnership tra associazioni e si è tradotta  direttamente in lavoro sul campo (non essendo un task richiedente particolare esperienza e/o preparazione).
- (E.M.) Da quando sono entrata nell'associazione, ho da subito iniziato a fare servizio con un equipaggio composto da volontari più esperti tali da indirizzarmi affinché il servizio fosse efficace.

- Nel pratico, di cosa ti occupi?
- (E.D.) Intrattenimento di minori in particolare attraverso attività prevalentemente ludiche.
- (E.M.) Organizzo, con il il resto dello staff, servizi bisettimanali per l'assistenza ai senza fissa dimora. Impieghiamo un equipaggio dotato di almeno 4 operatori.

- Quindi sei spesso a contatto con immigrati e persone straniere. Proveresti a raccontarmi, brevemente, cosa ti ha portato a fare la volontaria e cosa noti di queste persone quando sei con loro? 
- (E.D.) Io ho avuto in casa per tutta la vita una persona che nasceva come "Tata" e che poi è diventata semplicemente un membro della famiglia (20 anni di convivenza). Lucia è colombiana e dopo 10 anni a casa nostra è arrivata anche la figlia minore, Carolina, che io considero mia sorella. Insomma sono cresciuta in un contesto abbastanza particolare e, anche attraverso i loro racconti di migranti che hanno avuto meno fortuna, mi sono sentita in dovere di cercare di dare un contributo a coloro che la fortuna di Lucia e Carolina non l'hanno mai avuta.
- (E.M.) Fare del bene, fa stare bene. Credo sia l'unica forma di egoismo costruttiva che io conosca. Oltre al pacco di viveri che distribuiamo, hanno un forte bisogno di dirsi. Di raccontarsi. Smettere per un secondo di essere invisibili.

-Hai incontrato molte famiglie, anche con bambini? O bambini orfani? Di che età, principalmente? 
- (E.D.) Mi sono interfacciata principalmente con minori non orfani. Bambini di età tra gli 8 e gli 11anni.
- (E.M.) Ho incontrato coppie, bambini pochi. L'età è intorno ai 10/11 anni.


- Come si comportano? Cosa credi che sia la loro sofferenza maggiore e a cosa sia dovuta?
 - (E.D.) Si comportano come chi non dà nulla per scontato perché non ha avuto mai nulla o quasi. Si comportano in maniera normale per quanto riguarda il relazionarsi con estranei come possono essere i volontari. Penso che la loro sofferenza maggiore sia dovuta al far parte di un contesto a loro completamente estraneo e sconosciuto, oltre che radicalmente diverso. L'essere spaesati e non sentirsi parte di un tutto, inteso come terra natia, comunità, ecc, provoca molti scompensi specialmente in chi, essendo molto piccolo, non capisce bene come siano successe alcune cose nel proprio paese e perché loro abbiano dovuto vivere una tale odissea mentre i bambini italiani e bianchi, per la maggior parte, sembrano così ignari e sereni. Forse inconsciamente soffrono a vedere che in alcuni Paesi c'è l''inferno e in altri, oltre ad esserci la pace, c'è una buona ignoranza mista ad indifferenza nei confronti di suddette problematiche "estere".
- (E.M.) Spesso seguono quello che fanno i genitori, come se fosse l'unica legge che conoscono. Abituati a non fidarsi di niente e nessuno.
La sofferenza credo sia la non-certezza che qualcosa cambi, ossia che tutto resti esattamente come è. Continuare a vivere nella paura, nell'ombra, nell'emarginazione.

-Credi che li renderebbe felici avere degli spazi o dei luoghi in cui giocare, imparare e, magari, entrare in relazione con bambini italiani? (Come, ad esempio, i centri di accoglienza).
- (E.D.) Assolutamente sì, evitando però di finire per inviare un messaggio ai bambini italiani di "differenza" con accezione negativa. Non bisogna insistere sul fatto che gli uni sono diversi dagli altri perché alla fine si concluderebbe il tutto con un'involontaria ghettizzazione, che rimane seppur non volontaria, rimarrebbe di fatto una ghettizzazione. Luoghi dove far giocare i bambini sono necessari, ma il principio fondante e da trasmettere non deve essere "bambini stranieri che giocano con bambini italiani" bensì "bambini che giocano insieme in un luogo allestito per tale scopo"
- (E.M.) Assolutamente si, credo sia dare loro la possibilità di essere spensierati e di nutrire la speranza di un futuro diverso.

- Faresti la volontaria in questi centri? 
- (E.D.) Assolutamente sì.
- (E.M.) Con la giusta formazione, si.

- Cosa credi che serva alle famiglie con bambini, oltre che un posto in cui vivere e uno spazio didattico dedicato ai minori? 
- (E.D.) Un programma di inserimento ed integrazione culturale, oltre che un supporto ed una facilitazione con riferimento ai vari processi burocratici, in modo tale da consentire l'avviamento al nucleo familiare di attività retribuite. Così facendo si innescherebbe un meccanismo virtuoso di integrazione sia culturale che sociale molto più efficace di qualsiasi bel discorso fatto in tv.
- (E.M.) Un ambulatorio per le visite mediche, luoghi finalizzati all'integrazione culturale e linguistica.

- Vi ringrazio.

venerdì 13 aprile 2018

To Do Time: La scacchiera- Maggie's Centre Barts (S.Holl)

Il principio compositivo su cui mi sono basata è la presenza di 3 layers che, uno all'interno dell'altro, si avvolgono intorno ad un nucleo centrale: 
1) La pelle esterna, fatta in vetro opaco su cui è disegnato il pentagramma della notazione noumatica
2) L'ossatura portante, fatta di cemento in forma ramificata
3) Gli "organi" interni, fatti in bamboo che corrispondono ai divisori e al corpo scala elicoidale

Il gioco e il movimento che ho creato si è basato sulla concezione di ascensione (sia come metafora della "scala neumatica" che della scala fisica), poi modificabile traslando e ruotando intorno al nucleo centrale i vari strati. Ho realizzato dei cubi colorati per ricreare la caratteristica della facciata e quindi le "note" da poter posizionare negli spazi vuoti scaturiti dallo sfalsamento dei layers.